Sito personale di Antonio Sabetta

Ultimi aggiornamenti

Area riservata

RSS RSS – Sottoscrivi il feed

Blog

La speranza della Pasqua

Omelia nel funerale di A.R. (5 aprile 2021)

 

Siamo rimasti tutti sgomenti e costernati quando sabato mattina ci ha raggiunti la notizia della morte di ... In questi circa nove mesi, dopo l'episodio e la malattia che lo avevano riguardato e così profondamente segnato, con discrezione ed attenzione abbiamo seguito i piccoli passi, i piccoli miglioramenti sperando che pur nella gravità della situazione lui potesse tornare ad una vita il più possibile vicina alla normalità. Invece sabato la notizia della morte, quella morte che ha posto la pietra tombale su tutto, azzerando speranze e lasciando nel cuore una profonda tristezza in noi quasi "estranei", e un lancinante dolore nei suoi cari e nei suoi amici più stretti. E come sempre accade in queste circostanze si è levata con forza e durezza la domanda sul perché, unita ad uno sconforto e ad un senso di profonda ingiustizia. Perché morire quando la vita ha ancora tanto da offrirti, quando hai ancora addosso progetti e speranze, figli da crescere, sogni da realizzare, una vita ordinaria da custodire, comportamenti da emendare, promesse da mantenere, attese da vedere compiute, affetto da dare, amore da consumare, peccati da riparare? Per quanto non ci stanchiamo e non ci saziamo mai di vivere, non è la stessa cosa morire dopo un'esistenza lunga e morire a 49 anni, quando sei nel pieno di quel vortice intenso e bellissimo che è la vita. E questo ci fa avvertire un senso di profonda ingiustizia che mette profondamente in dubbio la bontà della vita, l'idea di un Dio creatore e provvidente, la giustizia in questo mondo e nel suo (presunto) autore. Questo dolore e queste domande non ce le toglierà mai nessuno. Chi era più vicino al nostro amico se le porterà per tutta la vita, come una ferita mai del tutto guarita, come una cicatrice dolorante che sempre starà a ricordarci il senso di un'assenza che i ricordi non possono colmare, perché essi non bastano, abbiamo bisogno di carne e sangue, che qualcuno sia presente non solo che (genericamente) ci sia. Dinanzi a tutto questo abbiamo due possibilità oggi. Possiamo arrabbiarci, bestemmiare, mandare al diavolo tutto e tutti (Dio compreso), possiamo con realismo disincantato dire che la vita è una grande fregatura e che alla fine di tutto è solo una questione di fortuna, perché per il resto siamo talmente fragili che per quanto possiamo stare attenti la vita, il suo durare, non dipende molto da noi; e concluderemo che il nostro amico è stato sfortunato, che la vita è stata ingiusta con lui. Ci sta una posizione del genere ma sappiamo pure che il nostro cuore non si accontenta, che vuole e cerca di più perché c'è dentro di noi un desiderio di eternità che avvertiamo come vero, perché il cuore non può ingannare. E allora possiamo vivere questa dolorosissima circostanza sotto un'altra luce. Ieri abbiamo celebrato la Pasqua, la morte di Cristo che ha significato la "morte della morte"; abbiamo ascoltato poco prima il canto di fiducia del salmista che ci ha ricordato che "dio non abbandonerà il suo servo nella fossa", che non smetterà di prendersi cura di noi. Nella luce della Pasqua, di un Dio che non ha dato pacche sulle spalle ma ha salvato la morte morendo egli stesso, la morte del nostro amico la possiamo vedere non come la fine di tutto, non come una dannata e terribile sfortuna, ma come un nuovo inizio, un avere accesso a quella vita piena e compiuta, non più mortificata dai limiti della nostra finitezza, che è possibile solo nel mistero della morte del Signore come esito di quel duello eterno fra morte e vita che definisce la storia del mondo, il senso dell'essere. Questo certamente non risolve il problema, non cancella il dolore, non cambia la lacerazione che ora vivete, ma infonde speranza, apre un varco di luce e di eternità, sussurra una possibilità nuova, quella vita eterna che il nostro cuore ostinatamente desidera e che nella morte di Cristo non è più un desiderio ma il presentimento del vero. Noi accompagniamo il nostro amico, ciascuno con la misura della propria fede, a quella seconda parte che non avrà fine in attesa di essere ricongiunti questa volta senza più nulla - nemmeno la morte - che possa separarci. 

Lascia un commento

I commenti sono moderati. L'indirizzo IP di chi commenta viene registrato.

* = campo obbligatorio