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Un nuovo anno, un nuovo inizio

Sono molto allergico a quelle manifestazioni un po' sdolcinate che accompagnano la fine di un anno civile; ritrovarsi a fare festa (festeggiare cosa, poi?), stappare bottiglie, trascorrere ore e ore a mangiare non hanno alcun senso soprattutto se si considera che oggi, tutto sommato, non abbiamo certo bisogno del 31 dicembre per fare l'alba o per trascorrere la notte per buona parte in piedi a divertirsi, ballare, bere, e chi più ne ha più ne metta. Festeggiare poi la fine di un anno non vedo che valore possa avere perché è la fine di niente, in quanto il giorno dopo, come sempre, si ricomincia dal punto in cui tutto era stato interrotto il giorno prima. Tuttavia è evidente che una circostanza come l'inizio di un nuovo anno ti costringe a guardarti indietro, a fermarti per un attimo, ad interrompere il vortice travolgente del tempo che passa, per tentare un magro e azzardato bilancio ma anche per guardare a ciò che sta davanti. Un punto di passaggio ti spinge anzitutto a volgerti e a considerare il tempo che è passato. Ci sono cose che non vorremmo rivivere, eventi che ricordiamo con nostalgia e piacere e poi c'è il senso di noia e di anonimato che accompagna buona parte dell'anno trascorso. Credo che se uno alla fine di un anno non ha tantissime cose da ricordare, nel bene o nel male nella gioia o nella tristezza, ha perso tempo. E allora io personalmente guardando al passato e proteso verso ciò che mi viene donato, mi auguro di non dovermi mai annoiare, di avere davanti un anno ricco, con tante cose da fare e da vivere, che alla fine ci vorrà una montagna di tempo per ricordarlo, per mettere in fila ricordi e vissuti. Diversamente sarà stato un ulteriore anno perso. E poi si guarda a ciò che ci aspetta; ci sono cose che abbiamo davanti e che conosciamo già, c'è però anche quel margine ampio di contingenza e incertezza che sempre accompagna la vita, perché siamo così vulnerabili che non è un luogo comune ripetere che nulla è scontato. Tuttavia, sappiamo sin d'ora che molte saranno le cose che si ripeteranno: avremo a che fare con le stesse persone, faremo lo stesso "lavoro". E allora mi auguro un nuovo inizio, non tanto come "avere cose diverse da fare" ma come "fare in modo diverso le cose di sempre". Questo vuol dire secondo me cominciare perché il miracolo del nuovo non può solo dipendere dalle circostanze che mi raggiungono ma deve essere il compito dell'io nel rapporto con il reale. E proprio perché non accade una novità come nuovo modo, ci annoiamo e non abbiamo molto da ricordare o da dire, ma quando invece accade il miracolo di uno sguardo diverso, cioè che cambia il verso al reale (per quello che l'io può fare), allora la vita prende una piega altra, non si ri-piega ma si dis-piega. Questo è l'augurio!

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