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I miss you...

Chissà quante volte abbiamo esclamato e ripetuto "come mi manca..." riferendoci ad oggetti, situazioni, momenti della nostra vita, condizioni appaganti ma, ahimè, durate poco e, infine e soprattutto, a persone. Qui voglio intendere solo il senso di mancanza e di tristezza che viene generato dall'essere venute meno le persone a noi care. Più passa il tempo della nostra vita e più si diventa familiari con il sentimento dell'assenza e dello sconforto che chi non c'è più desta dentro di noi dinanzi al vuoto orribile e triste che ha lasciato. Ho ancora i miei genitori e dato il rapporto che ho con loro e data la mia condizione celibataria (non avrò né moglie né figli) mi posso considerare fortunato e posso ancora evitare di dover dire "quanto mi mancano". A volte, quando penso al momento in cui li perderò mi si toglie il respiro e si chiude lo stomaco, e spero quell'esperienza possa dilazionarsi sempre più nel tempo. Purtroppo però altre persone mi mancano e fare i conti con la loro assenza a volte è davvero dura. Ricordo quando ormai quasi 19 anni fa moriva un mio amico; avevo appena diciotto anni e presi questa sberla che sta ancora lì, quasi intatta. Dopo la fase del dolore acuto, pensi che ti abituerai, che la tua vita andrà aventi comunque e che quello che è successo verrà ammortizzato dal tempo con la sua taumaturgica capacità di alleviare i dolori e consolare le ferite. Poi però ti accorgi che chi non c'è più nonostante il tempo che passa ti manca ancora tanto e dopo 19 anni quando passi in alcuni luoghi, ripensi a certe cose, rivedi alcune persone non puoi fare a meno di pensare e ricordare chi non c'è più e questa cosa è come un macigno, un pugno che può cancellare in un attimo tutta la gioia di cui sei capace. Ripenso ai miei nonni materni con i quali ho condiviso infanzia e adolescenza, che sono stati i miei secondi (e forse più autentici) genitori e quando rientro nella loro casa, o torno sui luoghi della mia infanzia (quei luoghi mai dimenticati, basti pensare che quasi tutti i miei sogni sono ambientati in quei posti) o rivivo alcuni momenti, essi riemergono vividi e ti stupisci e stranisci a pensare che non ci siano più e che sia passato tanto tempo; ti chiedi come tu sia riuscito a vivere nonostante la loro assenza. Gli occhi si chiudono, il cuore si stringe. Oppure penso a mia zia che è stata sempre accanto a me, che sembrava destinata (vedova e senza figli) ad essere una parte di noi e che invece in un attimo se nè andata via lasciandoci soli e sgomenti, nemmeno il tempo di renderci conto che non ci sarebbe stata più; adesso che viene l'estate fa ancora più male, se ripenso al tempo trascorso assieme, alle cene furtive o cercate a casa sua, ai fagiolini con l'olio crudo che lei mi metteva da parte quando li cucinava, al rito della domenica mattina quando prima di andare in parrocchia passavo a prenderla a casa, o i pomeriggi a casa nostra mentre stava sulla poltrona, o tutte le volte che voleva mi aggiustassi casa ed io non condividevo questo suo pensiero. Adesso se penso a quando ho avuto l'incidente e lei non c'era o quando salgo in quella casa che ho finalmente sistemato, grazie soprattutto a lei, il solo pensiero che lei non abbia mai potuto vedere e partecipare a quello che stavo facendo ed ho vissuto mi fa star male. Non ci si può rassegnare nella vita a vivere come se chi non c'è più smettesse di mancarci e di farci sentire quel dolore necessario e greve che accompagna sempre i sentimenti forti, che la morte recide, ma che non finiscono mai, nonostante il tempo, nonostante l'oblio, nonostante la durezza, nonostante la vita che tutto copre o calpesta. I miss you, it still hurts and it will hurt forever.

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