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Il giorno della laurea

Stringe il nodo della cravatta

stringe la camicia sul collo insofferente.

Vago perso tra piani e aule

cerco volti nella solitudine affollata.

Salgo le scale mi siedo in un banco.

Attendo paziente il tempo che spreco.

Non volti ma facce anonime e vuote

Vite che passano estranee e lievi

Attendo ancora non so più cosa.

Lo sguardo cerca un volto

l'attesa tende i muscoli, aguzza la vista

ma il frastuono del nulla

confonde l'attenzione mai spenta.

Scivola via il tempo, monta la solitudine.

I pensieri scorrono nella mente

inarrestabili e in piena

sono come le case da un treno in corsa.

Attendo qualcuno attendo la fine

L'attesa mi prova la fine mi sfianca.

Quando ancora una volta potrò andare a capo

guarderò distratto questo frammento di vita

Commenti

Antonio 17 Febbraio 2009

Ammiro la sua vena poetica e soprattutto la serenità. Io andai invece con 30 (si..., trenta) minuti di sonno alle spalle ed ero uno zombie più che un laureando fresco e spigliato! Ma andò tutto bene, fortunatamente. Gli esami teologici, invece, son talmente tanti che non c'è il tempo nemmeno per pensare o per agitarsi ma devono integrarsi e diventare un'abitudine come il mangiare, il bere, il dormire.

Cmq, mi è rimasto impresso quello che ci disse il prof di Diritto Commerciale all'ultima lezione: "Vi faccio i migliori in bocca al lupo, ma non per l'esame, che è ben poca cosa, ma per la vita: è quello il vero esame". Quanta verità in quelle parole...

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