Editoriale – 118
Omelia nel funerale di MDV
(Guglionesi, 13 luglio 2022)
Cari Fratelli e sorelle, quando lunedì si è diffusa la notizia della morte di Mauro, un sentimento di sconforto e di sgomento ci ha avvolti; se purtroppo l'esito di quella battaglia improba contro il male sembrava ineluttabile, fino alla fine abbiamo sperato che le cose andassero diversamente, che un miracolo accadesse e che avremmo riavuto Mauro tra noi. A nulla è valso anche il gesto del sostare del santo patrono dinanzi casa sua durante la processione del 3 giugno scorso, a nulla sono valse le preghiere di tanti che hanno affidato Mauro al Signore in questi mesi. Alla fine il male ha vinto, la nostra natura finita e fragile si è dovuta ancora una volta piegare alla violenza e alla disumanità del male che non guarda in faccia a nessuno, che non fa distinzioni, che sordidamente distrugge lasciandosi alle spalle cumuli di lacrime e di dolore.
Dinanzi a quello che è successo, non possiamo non chiederci perché; non possiamo non avvertire tutta l'ingiustizia di una vita interrotta senza colpe, di un'esistenza che finisce quando la vita ha ancora tanto da dire e da offrire, l'ingiustizia che deriva dal fatto che il male non pondera ma afferra senza pietà. Quanto male c'è nel mondo, quante colpe commettono gli uomini sotto questo cielo eppure chi più forse meriterebbe castighi la fa franca e le anime innocenti pagano un conto salatissimo. Ed è stato inevitabile anche chiedersi perché quel Dio che crediamo abbia fatto tutte le cose e governi il mondo con provvidenza e paternità abbia permesso tutto questo, poiché l'ingiustizia che c'è nella realtà rende ingiusto anche chi questo mondo l'ha fatto.
Poi le domande che nel frattempo si sono fatte protesta, grido, magari anche bestemmia, cedono il passo alla desolante realtà che rimane, purtroppo, nonostante il nostro inestirpabile interrogare, perché noi non ci accontentiamo di vivere e basta, ma vogliamo disperatamente capire chi siamo e che cos'è la vita che viviamo. E quello che rimane è che Mauro non è più tra noi. Ha perso la battaglia e ancora giovane ha dovuto congedarsi da questo mondo. Restano i ricordi di 52 anni di vita, ricordi numerosi e profondi che il cuore di chi gli ha voluto bene custodirà fino al giorno in cui lo ritroveremo. Chi lo ha conosciuto, chi lo ha amato serberà i ricordi dei momenti vissuti e condivisi, i ricordi delle sue virtù, della sua sensibilità e disponibilità, della solarità e della passione, della cordialità e della genuinità, della discrezione e vicinanza di Mauro. Una vita non si può cancellare e ciò che è stato rimane per sempre perché l'amore è più forte della morte, perché solo l'amore nelle sue molteplici forme rimane. Tuttavia se i ricordi ci faranno ancora sentire vivo e presente Mauro, sappiamo anche che essi non ci bastano perché il nostro cuore non si accontenta, perché tutta la vita chiede l'eternità e il cuore non inganna mai.
Perciò noi oggi ci congediamo dall'esistenza terrena di Mauro ma non da lui in maniera definitiva credendo sia che egli continua a vivere, sia che un giorno lo riavremo senza più la paura di poterlo perdere ancora. Questo è anche il senso del nostro essere qui ora. La consapevolezza che si fa speranza per molti, certezza per altri che uno – Cristo – la morte l'ha vinta per davvero e che lui che ha vinto la morte "ci porrà accanto a sé nella gloria". E allora se la nostra fisicità viene meno, non veniamo meno noi, ma anzi entriamo in quella condizione definitiva che non conosce più il limite della finitezza, che non ha più paura che ciò che ha avuto inizio debba un giorno anche finire e finire per sempre.
Non possiamo non piangere oggi, come pianse Gesù per la morte del suo amico Lazzaro; non possiamo non far nostra la domanda e la protesta di Marta che rimprovera Gesù di non aver impedito la morte di suo fratello Lazzaro; ma allo stesso tempo facciamo nostra anche la fede di Marta che riconosce nel suo amico Gesù la risurrezione e la vita, la vita che non finisce, la vita che vince il dolore e la morte.
Con le nostre preghiere accompagniamo Mauro all'incontro con Dio, il quale gli spiegherà il senso del suo soffrire e morire, e lo accompagniamo nella certezza che egli sarà presente in mezzo a noi in un altro modo, non più visibile e tangibile ma non per questo meno vero. Con la nostra presenza accompagniamo il dolore di questa famiglia che ha il cuore distrutto, che versa lacrime di dolore, il dolore di sua moglie Rita, di Dino, di Massimo, di Roberto e Maria Antonietta.
Dall'altra parte, dove non c'è il nulla ma la pienezza, Mauro ha ritrovato gli affetti che contano, la sua cara mamma che le ha dato la vita, colei che l'ha cresciuto dandogli la vita in altro modo. Questa consapevolezza che per lui è iniziato, se così ossimoricamente si può dire, il "tempo dell'eternità", sostenga il dolore dei suoi cari, dolore che porteranno con loro fino al giorno in cui potranno finalmente ritrovare Mauro per non perderlo mai più.
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