Editoriale – 108
Appunti dalla Meditazione per il Ritiro di Quaresima
(Guglionesi, 7 marzo 2021)
Con il mercoledì delle Ceneri abbiamo iniziato il tempo della quaresima, quaranta giorni (sei settimane) che ci preparano a vivere la Pasqua, il centro della nostra fede, l'evento senza il quale, come ci ricorda san Paolo la nostra fede è vana e noi saremmo i più ridicoli e e da commiserare tra gli uomini (cf 1Cor 15,13-19). Già l'ampiezza del tempo della quaresima ci dovrebbe ricordare e richiamare la sua importanza di queste settimane che di solito facciamo scorrere come le altre, come se nulla di nuovo segni il nostro tempo solo perché siamo in quaresima. Perché la chiesa ha sempre stabilito per la quaresima delle regole, dei sacrifici: dal digiuno dalla carne per quaranta giorni all'astinenza il venerdì al digiuno all'inizio e a conclusione – ceneri e venerdì santo -, uno stile frugale ed essenziale scandito da preghiera, digiuno ed elemosina? Perché siccome noi abbiamo l'innata e radicata tendenza a dimenticare, ci occorrono dei gesti oggettivi ed esterni che ci richiamino alla verità del mistero incontrato e celebrato e dunque la premura della chiesa è aiutarci a che non passi invano la memoria della risurrezione di Cristo, l'evento che rende vero tutto ciò che c'è prima, il sigillo che ha confermato definitivamente gli apostoli circa la verità di tutto quello che avevano vissuto con quell'uomo.
Ebbene il tempo di quaresima si è aperto con l'imposizione delle ceneri, gesto che viene compiuto dal sacerdote pronunciando una di queste espressioni, estremamente riassuntive di quello che siamo e di quello a cui siamo chiamati. Anzitutto: "ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai". Una frase che contiene tutto il realismo necessario per ricordarci di cosa siamo impastati: polvere, cioè contingenza, cioè fragilità, cioè bisogno e quindi domanda, ovvero mendicanza. Quando credi di avere tutto o ti credi tutto, ti dimentichi di quel nulla a cui siamo destinati e da cui il tuo cuore urla e urge di essere liberato. Un tempo il cardinale Biffi aveva definito Bologna "sazia e disperata" oggi forse siamo solo sazi, perché la disperazione può sussistere solo se c'è una domanda che spesso invece ci è estranea, perché abbiamo smesso di interrogarci affidandoci a quella corrente fatta di istintività e reattività che ci definisce nella vita e nei rapporti. Siamo fragili e il tempo della pandemia ce lo ha prepotentemente e drammaticamente ricordato ma abbiamo un desiderio, una domanda di essere salvati da questa fragilità la quale stride con l'infinito implicato nella domanda che costituisce il nostro cuore interrogante. La distrazione rispetto a quello che ultimamente sei ti impedisce la domanda, la mendicanza, che è il primo passo per accorgersi del mistero e per ri-conoscerlo quando si fa conoscere.
La seconda frase è "convertitevi e credete al vangelo". Essa ci introduce al grande contenuto della quaresima, la conversione. Vivere è convertirsi. Non a caso l'inizio della predicazione di Gesù attestata da Marco dopo l'episodio delle tentazioni non è costituito da miracoli o parabole o altro ma dall'appello alla "conversione". È interessante che il Signore rivolge insistente questo appello non ai pagani, a coloro che non appartenendo al popolo e non conoscendo la storia di Dio con Israele potevano avere bisogno di cambiare vita per essere resi partecipi della medesima esperienza, è un appello rivolto al popolo di Dio, a coloro che hanno incontrato il Dio d'Israele. Possiamo dire allora che quelle parole di Gesù sono rivolte a noi oggi, ci chiedono di cambiare e ci ricordano che nella vita il cambiamento è inconcludibile. Dobbiamo cambiare cioè convertirci, dove convertirsi in definitiva vuol dire recuperare continuamente la fede, la coscienza dell'appartenenza a quell'avvenimento che ci è accaduto.
Ne Una strana compagnia (pp. 123-136) Giussani ci chiarisce che cosa significhi la conversione. Egli dice che la parola conversione può essere sostituita con la parola "verità" per cui convertirsi vuol dire essere veri, diventare sempre più veri, cioè sempre più noi stessi, camminare dentro la verità di se stessi. Ora qual è questa verità di se stessi?: l'appartenenza ad un altro, l'essere di un altro. Scrive Giussani: «io appartengo a un Altro, sono "di" un Altro, tanto che "sono fatto di" questo Altro, io respiro e vivo "per" questo Altro, "di" questo Altro, io provengo continuamente, ogni istante, in questo momento, da quest'Altro e andrò a finire nelle mani di questo Altro. Io sono Te, o meglio, Tu sei me! Io sono "di" un Altro. Questa è la verità della vita, la verità della persona. Il Signore ha usato una parola che è stata, nel Vangelo greco, resa con il termine metànoia (μεtávoia), che vuole proprio dire un cambiamento della coscienza di sé. La conversione è un cambiamento nella coscienza di se stessi, vale a dire il passaggio dalla percezione di sé come se fossimo padroni di noi stessi, legge a noi stessi, alla coscienza di appartenere totalmente a un Altro» (128). Appartenere vuol dire per una persona «che tutta la sua carne e le sue ossa, tutto il moto delle esigenze da cui nascono i pensieri, i desideri, i sentimenti, tutta la sua energia è come la voce di un altro che si identifica in lui, è come qualcosa d'altro che sta dietro e che lo fa. Allora di fronte alla vita è sereno, capace di agire, capace di rapporti, aperto ai rapporti, tenace, paziente, capace di sopportare, lieto per ogni cosa che appena appena ne valga il motivo» (132). Questo, continua Giussani, non ci salva dai peccati ma ci libera dai peccati perché la liberazione dal peccato è il miracolo dell'azione di Cristo. Però, notate bene, «se la nostra giornata, la nostra vita di uomini, avesse dentro sempre più imponente, come contenuto della coscienza, del sentimento di sé, il sentimento di questo appartenere a Dio, […] se facessimo crescere in noi questo sentimento che io sono appartenenza a Te, Ti appartengo, che questa è la mia natura e la mia essenza d'uomo, la nostra vita respirerebbe» (133).
Abbiamo davvero bisogno di convertirci noi che normalmente viviamo non definiti e riempiti dalla coscienza dell'avvenimento ma dimentichi e distratti. Facciamo cioè i conti con la tentazione di cambiare il metodo ovvero dare per scontato l'avvenimento. Come se quello che ci è accaduto divenisse la premessa di tutto ma non l'anima di ogni cosa. Quando ci dimentichiamo che la fede è sempre uno sviluppo e che siamo perennemente "In cammino" ci fermiamo e l'avvenimento viene sostituito con altro. Una premessa seppur necessaria non può reggere lo snodarsi del ragionamento o determinare le conclusioni da sola e così ci dirigiamo altrove, in genere verso noi stessi e la nostra misura. Accade così che quello che sono e quello che faccio non è più l'opera di un Altro ma opera mia che certamente non ci sarebbe sen non ci fosse stato l'avvenimento ma che in fondo sta in piedi da sola, senza l'avvenimento. Vi porto un esempio dalla mia esperienza. A me capita spesso, quasi sistematicamente, che quello che faccio non sgorga dalla coscienza di appartenere a Cristo. Certamente l'avvenimento mi ha dato un metodo, mi fa guardare le cose in un certo modo per cui quando studio (io mi sa che so fare mediocremente solo quello) ho imparato dal movimento ad appassionarmi, a cercare quello che conta, ma poi però il mio lavoro è opera mia, il modo in cui vivo le relazioni nel mio ufficio di curia non c'entra niente o quasi con l'avvenimento. Per me cambiare metodo significa concretamente una cosa del genere. È chiaro che quando la fede è premessa tu punti su quello che sai fare meglio e che ti realizza meglio per cui se la vita o il lavoro ti impone di fare cose che non sai fare bene o non ti corrispondono è un casino. Ma alla fine la corrispondenza a quello che il tuo cuore desidera la cerchi in quello che tu sai fare e costruire, affermando te e non affermando un Altro in quello che fai. La fede in fondo ci appare troppo fragile insufficiente a darci quella soddisfazione, a dare contenuto a quel bisogno di essere riconosciuti che ci viene data dalle (tante) le cose belle che so fare e so fare bene.
E mi colpisce molto quanto scrive Carron ne Il brillio degli occhi a p. 85: l'essere immersi in una compagnia cristiana viva non garantisce automaticamente dal rischio di cedere alla tentazione di sostituire con altro l'avvenimento incontrato. Figuriamoci cosa accade quando non siamo nemmeno immersi in questa compagnia viva! siamo preda e in balia della mentalità dominante che ha un nome: nichilismo.
È abbastanza conseguente che se l'avvenimento diventa una premessa, un apriori e smette di essere il principio (in senso filosofico greco), la dimenticanza verso il significato dell'avvenimento nella nostra vita si accompagna alla dimenticanza/trascuratezza verso il luogo e l'esperienza che per noi costituisce l'incontro con Cristo. In concreto: come la vita quotidiana scorre tutto sommato dimentica se non estranea di Cristo, così la compagnia degli amici nel cui rapporto il mistero per noi si è fatto avvenimento diventa qualcosa di cui mi dimentico, come una sorta di orpello/ornamento che per definizione abbellisce ma non è essenziale. Anche questa cosa io la vivo nella mia carne se penso al fatto che trascuro i miei amici: non li cerco, non mi faccio sentire, e quello che vivo non lo metto in gioco perché è come se avvertissi che non potrebbe loro interessare perché non nasce da ciò che sta a cuore anche a loro. Non mi preoccupa che non mi cerchi nessuno, mi inquieta che non sia io a cercare loro perché so che se non lo faccio si affievolisce la coscienza dell'avvenimento, vuol dire che sono distratto rispetto a Cristo.
Non una premessa ma l'anima di ogni cosa, di ogni pensiero, di ogni gesto. A questo mira la conversione la quale si misura anzitutto non perché improvvisamente diventiamo migliori, più caritatevoli, meno arroganti, più capaci di rispettare mia moglie o meno definiti dai nostri vizi ma si misura nei termini di una coscienza nuova, perché l'unica possibilità che hai di cambiare il rapporto con il reale (te, gli uomini e le cose) è se cambia la coscienza di te e del reale con te. La conversione è un cambio della coscienza del reale, è un riandare all'origine di tutto e chiedere la grazia che questa origine definisca la coscienza. Una coscienza nuova è anzitutto una coscienza che riconosce nell'essere di un Altro e in funzione di un Altro il senso della nostra vita e della storia del mondo. Questa è la moralità, come ripete don Giussani, "la moralità è appartenenza" (Cf Una strana compagnia 147). La vera Pasqua, il vero passaggio, aggiunge don Giussani, è la conversione alla coscienza che il proprio essere è appartenere a Cristo, appartenere al Signore, appartenere a Dio, passare dal sentimento della mia persona come possesso di me, come legge a me stesso, al sentimento di appartenenza (149) quel disarcionamento di sé, quel perdersi che è l'unico modo per ritrovarsi (chi non perderà la propria vita…).
Appartenere vuol dire essere sé perché si è di qualcun altro (il grande paradosso!), come nell'esperienza dell'amore dove chi ama sa di poter essere se perché appartiene all'amato. Vivere la vita con questa coscienza ci rende persone nuove, compiutamente umane, ci permette di vedere ogni dettaglio, ogni fatto come avvenimento. Ce lo ha insegnato Cristo che ha vissuto ogni istante della sua vita dell'appartenenza, cioè dell'essere di un Altro ovvero del Padre, non di Dio, del mistero che fa tutte le cose, ma del Padre. La sua vita era non l'affermazione di sé ma l'obbedienza al Padre cha accade fino e anche nel momento della prova suprema, sulla Croce quando l'obbedienza ala Padre vissuta come abbandono avviene nonostante il silenzio del Padre cioè nel momento in cui l'evidenza del senso delle cose (il Padre) aveva perso spessore. La diversità umana di Cristo, l'autorevolezza delle sue parole, la potenza dei suoi gesti scaturiva da questo rapporto con il padre, dalla coscienza di questo rapporto.
Si costruisce l'io vivendo la figliolanza. Non è quello di cui sei capace che ti definisce per quello che sei ma è ciò di cui sei reso capace che delimita il tuo io ed è la figliolanza che ci rende capaci di uno sguardo al reale, di una passione per le cose, di un'attenzione finanche ai dettagli che noi ci sogniamo, definiti come siamo se non dalla distrazione dalla passione solo per ciò che ci riesce meglio perché in quella cosa lì ci sentiamo più capaci e quindi più riconosciuti, dimentichi del fatto che è la figliolanza che genera la fecondità nella vita. Dobbiamo guardare a Cristo ed imparare da lui a vivere del rapporto con il Padre, con l'origine nella consapevolezza che "io sono tu che mi fai".
Il peccato non è altro che il vissuto al di fuori di questa coscienza, la mancanza di familiarità con il Padre a cui fa posto la nostra misura, il desiderio di affermare noi stessi come misura delle cose, luogo che decide il bene e il male. Se manca lo scopo tutto si riduce, tutto diventa riduttivo e alla fine anche se se la persona il cui tempo è più occupato di tutti, i cui progetti riescono, la cui vita si può considerare realizzata, alla fine il nichilismo vince. Può mai essere il significato oggettivo delle cose quello che noi gli attribuiamo?
Come possiamo allora imparare e crescere in questo rapporto con il Padre? Leggendo la Bibbia ogni giorno? Facendo i turni alla mensa dei poveri? Partecipando quotidianamente alla messa? No, si cresce nella coscienza di appartenere, appartenendo a quel luogo dove la coscienza è ridestata, è esplicitata.
Questa coscienza nuova, questo fare tutto per il Padre ce lo ha insegnato Cristo, è lui che ci introduce a questo. Impariamo questa posizione da Cristo. Dobbiamo dunque attaccarci a Cristo, il figlio nel quale anche noi diveniamo figli (cf San Paolo). L'incontro con lui è diventato realtà di cui siamo consapevoli quando abbiamo sperimentato l'evidenza dell'avvenimento cioè che l'avvenimento di Cristo è diventato avvenimento per me. La forma dell'avvenimento è il carisma per tutti, per noi il carisma donato a don Giussani, la modalità più congrua, più adatta (fittest) al nostro umano per riuscire a riconoscerlo presente.
Il valore del carisma (in generale e ovviamente per noi) è nella sua capacità (cioè grazia) di togliere Cristo dall'astrazione, dall'essere ridotto a regola, mito, etica, personaggio del passato che da lavoro agli storici di professione ma irrilevante per la vita, e renderlo qualcuno presente, una carne nella carne, perché Cristo lo si incontra come verbo incarnato e la sua carne nella storia è la chiesa, è il suo popolo, quel popolo che non è di Cristo ma è Cristo, se crediamo nell'incarnazione come metodo, come qualcosa di oggettivo, di carnale, di vivente. È interessante che fino al Medioevo la Chiesa era considerata il corpo fisico di Cristo mentre l'eucarestia il corpo mistico; adesso le cose si sono invertite ma la verità rimane: la compagnia come corpo del Signore incontrando la quale (il carisma) si incontra Cristo, appartenendo alla quale si appartiene a Cristo, quella mediazione necessaria perché accada il miracolo dell'incontro e il riconoscimento della sua presenza. È a questo corpo che dobbiamo appartenere per essere di Cristo, appartenere a quella forma di insegnamento alla quale siamo stati consegnati (sdc 108).
Cosa significa allora appartenere al carisma di don Giussani che rende la compagnia "sacramento" dell'incontro con Cristo come Cristo lo è dell'incontro con Dio? Si appartiene quando si riconosce la pertinenza di quella storia rispetto al mio io, quando cioè quello che sono, la costruzione del mio io, della mia personalità, accade nella sequela e nel paragone obbediente con il carisma, cioè con la modalità concreta fatta di persone, gesti e proposte con cui il carisma mi raggiunge; perché se il carisma è di don Giussani (e di lui soltanto, non di CL né tantomeno di Carron), la concretezza declinata del carisma è l'oggettività della compagnia guidata oggi. L'obbedienza all'autorità non è l'obbedienza al carisma ma è la modalità mediante cui e solo mediante cui si appartiene al carisma e quindi a Cristo.
L'io si costruisce dove appartiene, per cui lo scopo è fare di Cristo il criterio con cui affrontare tutte le cose, ciò che ti determina nella tua posizione nel reale. Se il movimento non ci aiuta in questo vuol dire che non ci serve, ma se non ci serve il movimento non ci serve nemmeno Cristo.
Commenti recenti
Archivi
- Novembre 2025
- Ottobre 2025
- Maggio 2025
- Marzo 2025
- Dicembre 2024
- Luglio 2024
- Febbraio 2024
- Gennaio 2024
- Dicembre 2023
- Novembre 2023
- Agosto 2023
- Marzo 2023
- Gennaio 2023
- Dicembre 2022
- Novembre 2022
- Ottobre 2022
- Agosto 2022
- Luglio 2022
- Giugno 2022
- Maggio 2022
- Aprile 2022
- Marzo 2022
- Gennaio 2022
- Dicembre 2021
- Ottobre 2021
- Luglio 2021
- Maggio 2021
- Aprile 2021
- Marzo 2021
- Dicembre 2020
- Novembre 2020
- Settembre 2020
- Agosto 2020
- Aprile 2020
- Marzo 2020
- Febbraio 2020
- Dicembre 2019
- Agosto 2019
- Luglio 2019
- Aprile 2019
- Marzo 2019
- Dicembre 2018
- Novembre 2018
- Giugno 2018
- Maggio 2018
- Marzo 2018
- Febbraio 2018
- Dicembre 2017
- Novembre 2017
- Settembre 2017
- Giugno 2017
- Aprile 2017
- Marzo 2017
- Gennaio 2017
- Dicembre 2016
- Novembre 2016
- Ottobre 2016
- Giugno 2016
- Maggio 2016
- Aprile 2016
- Marzo 2016
- Gennaio 2016
- Dicembre 2015
- Novembre 2015
- Ottobre 2015
- Settembre 2015
- Luglio 2015
- Giugno 2015
- Aprile 2015
- Marzo 2015
- Gennaio 2015
- Dicembre 2014
- Novembre 2014
- Settembre 2014
- Luglio 2014
- Giugno 2014
- Maggio 2014
- Aprile 2014
- Febbraio 2014
- Gennaio 2014
- Dicembre 2013
- Ottobre 2013
- Settembre 2013
- Giugno 2013
- Maggio 2013
- Aprile 2013
- Marzo 2013
- Febbraio 2013
- Gennaio 2013
- Dicembre 2012
- Ottobre 2012
- Settembre 2012
- Agosto 2012
- Giugno 2012
- Maggio 2012
- Aprile 2012
- Marzo 2012
- Febbraio 2012
- Gennaio 2012
- Dicembre 2011
- Novembre 2011
- Ottobre 2011
- Settembre 2011
- Agosto 2011
- Giugno 2011
- Maggio 2011
- Aprile 2011
- Marzo 2011
- Febbraio 2011
- Gennaio 2011
- Dicembre 2010
- Novembre 2010
- Ottobre 2010
- Settembre 2010
- Luglio 2010
- Giugno 2010
- Aprile 2010
- Marzo 2010
- Febbraio 2010
- Gennaio 2010
- Dicembre 2009
- Novembre 2009
- Ottobre 2009
- Agosto 2009
- Maggio 2009
- Aprile 2009
- Marzo 2009
- Febbraio 2009
- Gennaio 2009
- Dicembre 2008
- Ottobre 2008
- Agosto 2008
- Giugno 2008
- Maggio 2008
- Febbraio 2008
- Gennaio 2008
- Dicembre 2007
- Novembre 2007
- Ottobre 2007
- Settembre 2007
- Agosto 2007
- Luglio 2007
- Giugno 2007
- Maggio 2007
- Aprile 2007
- Aprile 2006
- Aprile 2005
- Aprile 2004
- Aprile 2003
- Aprile 2002
- Aprile 2000
- Aprile 1999
- Aprile 1998
- Aprile 1997
- Aprile 1996
